L’atonia uterina si caratterizza per una particolare condizione dei muscoli dell’utero, tale per cui perdono la naturale capacità di contrarsi. Questo, solitamente, avviene subito dopo il parto e si verifica, in gran parti dei casi in cui le pareti muscolari dell’utero non sono più in grado di contrarsi.
Atonia uterina
L’atonia uterina è una situazione di grave pericolo, causata da una mancata contrazione delle fibre muscolari dell’utero che non consente la chiusura dei canali che irroravano di sangue la placenta. Ecco perché questo porta a un sanguinamento piuttosto sostenuto. Non solo, questa situazione porta a un consumo di fibrinogeno, fondamentale nei sistemi di coagulazione del sangue.
Da qui ne consegue una forma di ipocoagulabulità diffusa, con formazione di microtrombosi nei vasi capillari. Il tutto porta inevitabilmente ad una situazione particolarmente grave, che viene indicata, in gergo medico, come DIC, ovvero Coagulazione Intravasale Diffusa. Si tratta di una situazione assai rara che, tuttavia, porta a danni importanti e spesso irreparabili di molti organi, quali il fegato, i reni e anche il cervello, con conseguente rischio di morte per la donna.
Perché si verifica
Tra le cause maggiormente responsabili di questa situazione di atonia uterina, c’è un’eccessiva distensione dell’utero oppure un travaglio particolarmente prolungato. In altri casi potrebbe anche essere la conseguenza di una sindrome a genesi plurima, che interessa in misura maggiore il fegato, la cosiddetta sindrome di Hellp, che porta a una notevole riduzione delle piastrine nel sangue. Il che si traduce in un effettivo problema, appunto, nella coagulazione del sangue.
Un’altra causa spesso correlata all’atonia potrebbe essere un’infezione virale. Benché rara, l’atonia si manifesta per lo più nei casi di parti gemellari, in quanto l’utero deve sopportare un peso più sostenuto, per cui rischia di indebolirsi e non riesce a contrarsi correttamente. I vasi sanguigni che alimentavano la placenta, poco dopo il parto, si trovano a essere scoperti e, laddove non venissero prontamente contratti, comportano un’eccessiva perdita di sangue.
Quali sono i sintomi
Tra i sintomi principali di atonia uterina, vi è il sanguinamento eccessivo che può anche comportare uno stato di shock. Questa perdita di sangue, in alcuni casi, potrebbe essere molto lenta, sebbene copiosa, tale da non essere in grado di arrestare. In questi casi si parla di emorragia post-partum. In alcune donne potrebbe anche verificarsi una non corretta e totale eliminazione del materiale placentare che, in questo caso, potrebbe restare all’interno dell’utero. In caso di parziale distacco della placenta potrebbe verificarsi un simile problema con atonia uterina come conseguenza.
Il sangue, insieme al materiale placentare, può accumularsi all’interno dell’utero anche in una situazione di atonia. Per questa ragione, quello che è importante fare, al fine di evitare un simile rischio, è monitorare costantemente le dimensioni e il tono dell’utero, anche dopo la nascita del bambino ed espulsione del quindi del feto. In alcuni casi, potrebbe anche manifestarsi un ematoma retroperitoneale, che interessa ampie zone del tratto genitale inferiore o cavità addominale.
Atonia uterina e parto cesareo
Molto spesso, l’atonia uterina si manifesta, seppur in casi assai rari, come conseguenza di un post parto cesareo. Solitamente, accade che, una volta che il feto sia stato espulso, le pareti dell’utero si contraggono in maniera spontanea, dando luogo a ciò che i medici definiscono come globo uterino. Questo serve a far diminuire la perdita di sangue nella madre.
Nel caso in cui, l’utero non dovesse contrarsi in modo spontaneo in seguito a secondamento, bisogna intervenire tempestivamente con somministrazione di farmaci al fine di bloccare l’emorragia in atto. Laddove, neppure i farmaci riuscissero a tamponare e bloccare l’emorragia, allora si dovrà necessariamente intervenire chirurgicamente per evitare che la donna muoia dissanguata.
Come curare l’atonia uterina post partum
L’atonia uterina, solitamente, viene trattata in modo tempestivo al’interno di un ospedale, anche nel caso in cui il parto sia avvenuto a domicilio o in altro luogo. E’ fondamentale rivolgersi in ospedale nel caso in cui si verifichi un problema simile, poiché è a effettivo rischio di morte la madre.
Il trattamento in questi casi si basa su dei massaggi esterni nella zona dell’utero, in maniera preventiva, ma non sempre sono di grande aiuto, soprattutto quando nell’utero resta del materiale placentare non espulso correttamente.
Un secondo intervento, prevede l’impiego di farmaci per via endovenosa. Uno di questi è l’ormone naturale prodotto dall’ipofisi per indurre le contrazioni, vale a dire l’ossitocina. Oggi, tuttavia, uno dei farmaci maggiormente utilizzati è un derivato delle prostaglandine, somministrato sia per via locale, sia generale.
Nel caso in cui, si rendesse necessario intervenire chirurgicamente, lo si potrà fare legando l’utero con delle suture compressive, oppure bloccando, o meglio, legando, la circolazione uterina o con embolizzazione delle iliache interne. In ultima analisi, nella peggiore delle situazioni, si dovrà procedere con una asportazione dell’utero, prima che si instauri la DIC.
Atonia uterina prevenzione
Va in ogni caso precisato che l’atonia uterina è una situazione che si verifica raramente e che, in gran parte dei casi può essere preventivamente tenuta sotto controllo, evitando così il rischio. A tal proposito, è fondamentale eseguire una diagnosi precoce, ricorrendo, se necessario, tempestivamente al farmaci più indicati, somministrati per via endovenosa , insieme anche a dei massaggi nell’area uterina che possano stimolare le contrazioni.
Seconda gravidanza dopo atonia uterina
Una donna che abbia avuto un problema di atonia uterina durante la prima gravidanza in fase di post partum, chiaramente, ha una maggiore probabilità che il problema si ripresenti nella gestazione successiva. Va precisato che non si tratta di una certezza, ma di un rischio la cui probabilità resta pur sempre contenuta. Bisogna, infatti, anche tenere in considerazione il fatto che, ad oggi, l’atonia uterina è una complicanza piuttosto rara.
Prima di affrontare la seconda gravidanza, sarebbe opportuno stabilire se si sia trattato di una atonia primitiva, oppure secondaria legata a fibromi uterini, ad un travaglio prolungato, a patologie tiroidee, all’utilizzo di farmaci anestesiologici ed altri fattori spesso connessi.
In questo modo, si potrebbe tenere sotto stretto controllo il rischio che si ripresenti il problema. Nella gravidanza successiva, quindi, sarà consigliabile eseguire tutti i dovuti esami specifici, prendendo le dovute precauzioni farmacologiche e tecniche per contenere e ridurre tale eventualità.